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venerdì 21 settembre 2012

118 in Sicilia. Quale futuro per i medici dell’emergenza sanitaria? Intervista al dott. Picciolo, responsabile di settore per lo SMI.

PALERMO - Il giorno dopo la pubblicazione del decreto Balduzzi, con cui vengono poste le basi per un radicale e forse anche rivoluzionario mutamento della medicina del territorio, le scelte operate nel settore dell'emergenza sanitaria, che da sempre utilizza in gran parte medici convenzionati con la medicina generale, vengono non di rado imposte dall'alto. Quale dunque il futuro dei medici del 118? abbiamo incontrato il dott. Vincenzo Picciolo, responsabile di settore per lo SMI siciliano, che non si è sottratto ad alcune domande.


Dott. Picciolo, oggi la medicina del territorio si appresta a subire dei profondi mutamenti. Quale futuro vede per i medici dell’emergenza?
Per rispondere a questa domanda è necessario fare un passo indietro e ricordare gli sforzi fatti per la creazione del sistema. Alla fine negli anni novanta molti di noi accettarono la sfida della emergenza sanitaria territoriale, nell’epoca in cui si faceva difficoltà a chiamare il 118 e con la stessa difficoltà si comprendeva che la metodologia del soccorso era cambiata, dove l’ambulanza non rappresentava più il mezzo che “caricava e portava” ma uno strumento di assistenza al cittadino il quale con difficoltà comprendeva che la qualità del soccorso non veniva più misurata nel minor tempo di trasferimento del paziente in ospedale, ma nella qualità delle cure che iniziavano proprio sul territorio. Con spirito di servizio ed abnegazione al lavoro iniziammo l’attività proferendo quotidianamente impegno e professionalità ed in modo pioneristico affrontammo le infinite difficoltà di un sistema che già operava ma che non aveva alcun riferimento normativo.
Ed infatti giunsero le prime normative…
Sì, nel 2001 si ebbe un primo riferimento normativo e nel 2003 il primo accordo di categoria che ebbe il solo merito del riconoscimento della categoria. Così i medici di emergenza continuarono ad operare e ad affrontare le varie difficoltà di un sistema che si andava sempre più a strutturare fino ad arrivare ad un organico di 500 medici presenti sulle 87 ambulanze del SUES 118 in Sicilia.
Ma ad oggi quali sono le vostre rivendicazioni?
Beh… le nostre rivendicazioni nascono dalla constatazione che i medici di emergenza, nella evoluzione del sistema, a distanza di oltre un decennio dall’inizio della medicalizzazione non vengono coinvolti nella organizzazione e gestione del sistema. Continuiamo ad operare sulle ambulanze con lo stesso spirito del primo momento mentre altri decidono al nostro posto.
Secondo lei, dunque, quale dovrebbe essere il nuovo percorso?
E’ chiaro che dobbiamo cambiare atteggiamento. Di fatto abbiamo lasciato ad altri quello che ci appartiene e quindi è giunto il momento di prendere coscienza ed intraprendere un percorso non solo fatto di servizio ed abnegazione al lavoro, ma di aggregazione e rappresentanza che possa al meglio rispondere alle esigenze del sistema e della categoria.
Quindi mi sembra di capire che il suo è un invito rivolto ai medici dell’emergenza ad aggregarsi in un percorso politico?
La mia idea non è fare politica o schierarmi politicamente né il sindacato ha queste intenzioni. La riflessione nasce dall'esperienza di seguire negli anni i medici d’emergenza sanitaria e le varie vicissitudini che hanno interessato il SUES 118. Il dato certo è che continuiamo a lamentarci, ma non abbiamo capito di dover operare un mutamento di atteggiamento e fare quel salto di qualità che ci porti alla gestione del sistema. E tutto questo non può che passare dalla politica e dalle scelte che questa fa. Fino ad oggi abbiamo “disertato” i tavoli della politica e io dico che è ora di svegliarci e tutti insieme di iniziare a parlare la stessa lingua.


(a cura di Medpress)

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